Urbana è uno dei centri antichi della Scodosia situato lungo la provinciale che da Castelbaldo si porta a Montagnana.
Oltre al toponimo, che sembra di diretta derivazione romana, nel luogo affiorano testimonianze di varie epoche preromane e romane. Il cippo romano posto nell’atrio del municipio e trovato nella campagna, diventa, in qualche modo, l’emblema della comunità. La scritta indica la tomba di un certo “L(VCIVS) VILLIVS P(VBLII) F(ILIVS) ROM(ILIA) LEG(IO) XI”.
Anche nell’alto medioevo è documentata la presenza di un cospicuo insediamento, con una autonomia alquanto marcata, a quanto almeno ci fa presumere lo scritto della pergamena “5165 Giustinian” dell’anno 1199: .. … et vidi milites Urbane habere arma sua ad arma Scudissie, silicet ad scudis solos et se vocare milites de Scudissia…“.
Sembra fondato, così, il sospetto che l’originale nucleo della comunità medioevale di Urbana fosse costituito da un’arimannia longobarda. Della località si parla nei primi atti di donazione di Franca, vedova del marchese Almerico, del 6 dicembre 955 e del 13 aprile 1097 da parte di Alberto, detto Azzo, al monastero di S. Maria della Vangadizza. Interessante, anche se non chiarita, è la controversia sulla titolarità della chiesa parrocchiale, che farebbe supporre un precedente patrono d’origine latina, S. Atanasio, sostituito in periodo longobardo da S. Gallo, compagno di S. Colombano. Il documento più antico sull’esistenza dell’altare di S. Gallo è rappresentato da un atto di emancipazione d’una schiava. risalente soltanto al 6 luglio.
La Torre Campanaria
Il campanile della chiesa parrocchiale, la cui datazione è precisata dall’iscrizione su una lapide murata ad una certa altezza della torre che riporta la data d’inaugurazione del 13 aprile 1300. Il massiccio manufatto ha subito varie traversie: fu diroccato da un fulmine, il 29 luglio 1686, nel 1900 il tetto in tegole fu sostituito dall’attuale strana merlatura, interessante è il materiale riutilizzato per la costruzione della sua base, rappresentato da conci di varie rocce di trachite e di marmo di Verona; alcuni di loro hanno iscrizioni d’epoca romana e d’epoche successive. La vecchia chiesa, più volte rimaneggiata, fu ricostruita tra il 1920 ed il 1924, risultando così l’odierna a tre navate, in stile gotico. Accanto ad essa vi è un oratorio pubblico, intitolato alla Vergine del Rosario, eretto nel 1620.
Il complesso conventuale di San Salvaro
La parrocchiale della frazione di S. Salvaro è al di là del Fratta, sui confini della provincia di Verona. Esso è formato dalla chiesa di stile romanico, più volte restaurata, di cui resta la primitiva abside con un grande affresco di un Cristo pantocratore, con tracce di mensole e due finestrelle strombate.
Di fianco alla chiesetta prosegue un massiccio edificio, inglobante il cortiletto del chiostro. Nell’ala estrema sono evidenti le impronte di un portico con colonne in mattoni, chiuso da muratura. Sopra il portale principale d’entrata, verso il fiume Fratta, si nota uno stemma in trachite dell’ordine camaldolese, a denunciare l’antica funzione, ora ridotta a locali d’uso agricolo. Si accenna per la prima volta, il 10 marzo 1084, ad un prete Giovanni, che abitava presso la chiesa di S. Salvatore. In seguito si costituì una “scola sacerdotum“, che si solidificò con le donazioni dei marchesi Folco I, nel 1100 e Folco II, nel 1134. Molto presto questa istituzione si trasformò in un piccolo convento, dipendente dai canonici portuensi delle Carceri, per volere dei vescovi S. Bellino, nel 1144, e Giordano, nel 1181. Ai Portuensi, nel 1407, si sostituirono i Camaldolesi, seguendo le sorti del monastero di S. Maria delle Carceri. Con la soppressione del monastero delle Carceri, il 30 gennaio 1690, la chiesa di S. Salvaro passò alle dirette dipendenze del vescovo di Padova.
Contatti
Presidente: Marco Zanchetta
Indirizzo: Via Roma – 35040
Cell: +39 393 9679101 – +39 340 155199
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